mercoledì 13 febbraio 2008

i cardi ovvero la minaccia!



“Duminica, o chiovi o nivica, iu vaiu in campagna e va scippu cocchi piruzzu di carduni”
Oh bedda matri Maria! Quando mio padre, dice queste cose suona come una minaccia, intanto perché lo si deve accompagnare, in quanto da solo non può più calcare la zolla; di solito si immola mia sorella, che in qualità di agronomo è più portata e si prodiga anche a dare consigli al reazionario di casa che regolarmente disattende con espressioni piuttosto colorite.
Ma la vera minaccia è insita nei cardi, “i carduni da nostra campagna, su lari di moriri: allignati, sarbaggi e amari comu u feli” cardi per uomini veri! Ma il principio è che: “i cosi amari tenili cari” e poi “megghiu di chiddi chi vinninu ca su senza sapuri!”.
E stavolta, mia madre essendo il soggetto deputato alla pulizia e alla cottura del cardo, capitola, poiché sente addosso tutta la responsabilità della riuscita dell’evento, in quanto un cardo “sarbaggio” deve essere domato (si deve togliere il germoglio interno che è il maggiore responsabile “dell’amarostico”) prima che arrivi in pentola! Una volta domato, va “squarato” in una pentola capiente piena d’acqua bollente, dove sono stati aggiunti il sale e due limoni tagliati a metà che servono a far sbiancare il cardo.
“Ci vulissi l’ultima, un sulu, sarbaggi, allignati e amari, ma puru nivuri!”
e mentre essi, lentamente cuociono vengono tenuti sotto osservazione, chi li tocca, chi li assaggia “cu ci appizza a furchetta pi viriri si su ancora allignati” quando finalmente, dopo un’ora e mezza circa sono arrivati a cottura, mia madre ne assaggia uno, guarda dritto negli occhi il suo uomo ed esclama: “chi vinniru boni”! E mio padre: “ca certu chi su boni, sunnu chiddi ri dda banna. Chiddi di sutta a casa su veru sarbaggi, i lassavu pi farici fari i “cacocciulicchi”!
A questo punto, si programma come mangiarli perché il cardo non va mangiato lesso, magari condito con un po’ di “ogghiu di chiddu bonu” no! Questa è roba per malati di stomaco!
I cardi “chiddi di campagna nostra” vanno onorati, e trattati con il massimo rispetto (ricordiamoci che sono sempre sarbaggi), “su troppu boni, chi favi a vugghiuneddu, oppure fatti a pizzudda nta paredda cu caciu e a muddica, oppure fatti a pastetta”. Ma io li preferisco fatti “muttunati e fritti” ricetta lasciata da mia nonna, Donna Nina la quale “cu picca facia pietanzi di re”!
I cardi ripieni e fritti
Le dosi sono del tutto orientative, perché quando li faccio io, uso l’occhiometro!
Ingredienti per il ripieno:
- 250 g Pangrattato;
- quattro cucchiai circa di cacio cavallo, stagionato, grattugiato;
- 100 g di cacio cavallo, tenero, a “pizzudda”;
- 2 sarde salate fatte a pezzetti piccolissimi;
- 4 pomodori pelati sminuzzati;
- mezza busta di uva passa e pinoli da ammollare in un po’ di acqua calda;
- origano q.b.;
- quattro cucchiai di olio extravergine di oliva;
inoltre:
- cardi lessi;
- olio per friggere (ma sempre “sinceru”, al massimo quello “du ggià ll’annu”);
- farina di grano duro rimacinata.

Questa ricetta richiede il pomodoro a pezzetti, mia nonna usava “u pumaroru appizzatu nta pennula” era un pomodoro piccolo (pumaroru a piriddu) che cresceva a grappolo, a fine agosto si accavallava in una sorta di telaio (a pennula) fatto manualmente con le canne di fiume, e il fil di ferro che veniva poi “appizzato”nei tetti delle case di campagna o nei solai delle case “du paisi” e per tutto l’inverno il pomodoro si conservava integro.

Poi i Francisi, si misiru a fari l’esperimenti nucleari nto deserto, e finiu u piaciri di fari u pumaroru appizzatu, picchì addiventa fradiciu ‘ntempu ca tu untu! Sti sdisonorati, ni cunsumaru, ora i cosi da campagna s’hannu a trattari chi vileni vasinnò fannu i vermi!
Perciò ci si deve accontentare del pomodoro pelato, attenzione i pelati li facciamo noi in estate! Ma procediamo con la ricetta:
in una terrina mettere tutti gli ingredienti del ripieno ed amalgamare per bene, finché si ottiene un composto compatto, se è il caso aggiungere un altro po’ di olio; adesso viene la parte più difficile, impostare in fila, sul palmo della mano sinistra, sovrapponendole un po’3 o 4 coste di cardi, mettere il ripieno, chiuderli e fare una leggera pressione affinché i cardi non diventano un tutt’uno, passare nella farina facendo sempre un’adeguata pressione per evitare che si aprano durante la cottura, e friggere in abbondante olio di oliva! Procedere fino ad esaurimento di cardi e ripieno!
Attenzione! Creano dipendenza.

(antonella gullo)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

e come si realizza la ricetta?

Anonimo ha detto...

Ma che bontà!!!
Sarebbe interessante se l'autrice di queste ricette ci facesse vedere dal vivo come si fanno queste delizie!!! Una sorta di scuola di cucina per gente prescelta
un'affezionato lettore

Anonimo ha detto...

Ma che bontà!!!
Sarebbe interessante se l'autrice di queste ricette ci facesse vedere dal vivo come si fanno queste delizie!!! Una sorta di scuola di cucina per gente prescelta
un'affezionato lettore

Anonimo ha detto...

Tutte le ricette sono una poesia e denota da parte di chi le fa una capacita descrittiva non indifferente.Poi se la pratica e la riuscita sara' di pari bravura sono cazzzi amari.I dietologi credono che non gradiscono,ma nuatri ce ne fottiamo. E' vero?