sabato 25 settembre 2010

naufragio


Le acque agitate
di un mare in tempesta
naufragano
la nave della speranza.

Le onde violente
dei sogni confusi
annegano
i rottami di un ricordo.

E in questa penosa voragine
mi nutro di alghe


ninni picone

martedì 7 settembre 2010

Una notte di terrore a Fraginesi

di antonella gullo

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Era una serata (quasi) perfetta, le mie sorelle erano fuori con amici, dopo cena i miei vegliardi si erano messi a guardare la tv, io, sotto il porticato della mia casetta di villeggiatura, mi gustavo un momento tutto mio leggendo “Le cose che non ho detto” di Azar Nafisi,
trovavo conciliante leggere assorta nel silenzio della campagna, interrotta, sovente, da un guaire di cani o dalla corsa impazzita dei gatti che giocavano a farsi la guerra…
Un fu chista a maara di Diu” pace e serenità si sarebbero dissolte, da li a poco, nel buio della notte.
Verso mezzanotte le mie sorelle, ancora, non tornavano, decisi di chiudere battenti e continuare la mia lettura a letto, i miei, già runfuliavano alla grande, dalle finestre entrava un venticello fresco che presto mi conciliò il sonno.
Dormivo profondamente ma disturbata da un sogno ansiogeno. Scherì, il delizioso sacco di pulci tisico del vicino, era in grave pericolo: la vedevo sprofondare dentro una spirale di sabbie mobili dalle quali riuscii a salvarla grazie all’arrivo delle mie sorelle che mi fecero svegliare.
Dopo un breve scambio di chiacchiere appena sussurrate per non svegliare i “giovanotti”, tornarono tenebre e silenzio... quando: patapunfate!… il morbido tonfo di qualcosa che cadeva a peso morto ruppe il silenzio. Ancora pochi secondi e … “forsi c’è a atta dintra” – La voce di mia madre segnalava un’intrusione, Scherì, era piombata, dalla finestra, addosso a dda puviredda svegliandola.
Tempu ca tu cuntu si innescò una reazione a catena, tutti svegli mentre la micetta tampasiava per casa: mio padre assittatu ‘nmezzu u lettu si misi a santiari, mia madre ne approfittò per bere un bicchiere d’acqua, me soru a granni, chidda di dda ffora, nirbusa picchì ancora un si putìa dormiri taliava u roggiu.
ed io?
io di alzarmi dal letto non ne volevo sapere proprio nenti picchì mi scantavo se poi un putìa chiù pigghiari sonnu… intanto sentivo mugolare Sherì ca si taliava ‘nto specchio da me stanza e si scantava della sua immagine riflessa, me soru “a mezzana”, la più risoluta di tutti tri soru, si avvicinò alla micia con fare diplomatico per “invitarla” ad uscire, ci fici quattru vuci e ’ntò savutu a attaredda fu fora...
Ma un ci fu versu, u tempu d’astutari tutti i luci e di tornare a provare a dormire che sentimmo granciuliare alla portafinestra del soggiorno … Scherì arrampicata alle scalette della persiana gridava comu un’agnedduzzu senza matri, vulia trasiri chi vulia trasiri.
L’armaluzza avìa a essiri scantata, mio padre pensò che probabilmente era minacciata da un animale, verosimilmente una volpe, me soru a granni, scantulina com’è, senza sapiri né leggiri e né scriviri, si barricò dentro la sua camera pensando che “l’armalo” poteva entrare dalla sua finestra e minacciare anche lei…
Quando finalmente Scherì fu al sicuro tornò la quiete … tutti tornammo nei nostri letti ma mio padre ormai un putìa chiù pigghiare sonnu e farfugliava qualcosa del tipo che all’indomani ci avia a ffari un lisciabusso a attaredda e chi avia a priparari na virghicedda pi darici lignati nelle gambe ….
Ormai era nuttata persa e ancora lunga da passare … mio padre eccitato per come era non riuscì più a dormire, così, mentre già tutte ci eravamo appinnicate, si susiu e si nni nisciu in veranda a farisi un solitariu chi carti siciliani, il tempo di fumarisi tri sigaretti e mentre sentiva il latrare di una volpe e dei suoi cuccioli, improvvisamente fu buio tetro … sembrò che si spense l’intero universo .
Come tutte le altre notti, mia madre s’avìa susutu o scuru… vide la luce accesa in veranda, pensò che fosse stata dimenticata e naturalmente la spense tornando spinzirata a dormire, senza rendersi conto che mio padre non era nel suo letto.
Ddu cristianeddu ca si truvò o scuru, sulu ‘mezzu a campagna si vitti persu, e tantuniannu tantuniannu riuscì a rientrare in casa, provocando una gran vucciuria.
Mia madre, allarmata dai rumori che venivano da fuori si susiu arrè du lettu per andare a viriri, sempre o scuru, nsoccu stava succedendo… … e mentre provava ad accendere la luce del soggiorno si sentì sfiorare la mano … anche mio padre si sentì sfiorare la mano mentre cercava di accendere la luce dallo stesso interruttore… “oh bedda matri Maria Vergine aiutami Tu!” l’urlo dei miei squarciò il silenzio della notte…
Si andarono a coricare, ma continuarono a discorrere tutta la notte, dei vurpagghiuni, del blackout, di Scherì … du scantu….
All’alba entrai nella loro stanza … chiesi a mio padre come faceva il verso della volpe, seduto in mezzo al letto mi rispose: AHUUUUU!!!!!
E pensare che la sera avanti avevamo mangiato solo una ‘nsalatedda frisca accompagnata cu pani di Castellammare chi dici: “manciami, manciami” e pi frutta anticchi di muluni d’acqua.
Certo se l’insalata è fatta con le cipolle crude, forse è un po’ indigesta e potrebbe provocare qualche incubo notturno, se poi è fatta come la faceva nonna Nina si corre il rischio di incontrare il suo spettro, chissà magari Scherì, quella notte, aveva visto la nonna…
Insalata di cipolle
Ingredienti:
2 cipolle rosse
3 0 4 pomodori
Un po’ di olive nere
Un rametto di menta fresca
Un limone bello citrigno
Uno spicchio d’aglio
sale
pepe
olio
affettare la cipolla e lasciarla macerare, con un bel po’ di sale, (per eliminare l’acqua di vegetazione) per circa un’ora, dopo di che spremerla per bene, lavarla sotto l’acqua corrente e metterla a scolare.
Sbucciare il limone, eliminare il succo spremendolo e tagliare a pezzetti in una ciotola, aggiungere il pomodoro tagliato, uno spicchio d’aglio schiacciato, le olive nere, la cipolla, la mentuccia appena raccolta e condire con abbondante olio d’oliva, aggiungere pepe e sale, mescolare per bene e portare in tavola
Le dosi sono orientative ma è importante sapere che per condire una buona insalata occorre un savio per il sale e il pepe, un avaro per l’agro (che sia aceto o limone) un generoso per l’olio e un pazzo per mescolarla…
(antonella gullo)