lunedì 28 gennaio 2013

Ho visto il Lincoln di Spielberg



la locandina del film
Ecco i miei stati d’animo ed il mio parere  prima durante  e dopo la visione del film Lincoln di Steven Spielberg

Prima del film: ottimista. Sicuro di andare a vedere un film quantomeno fatto bene. E quindi “spettacolare”. Spielberg è garanzia di “soldi spesi bene”

Dopo la prima parte del film: mi sento a disagio, la voce del doppiatore di Lincoln è sgradevole, gracchiante  e insicura. I dialoghi troppo lunghi e pesanti. A volte non immediatamente comprensibili. La breve scena di una battglia mi è sembrata ridicola. Spero (e credo) sia stata una scelta consapevole del grande regista.

Dopo la parte centrale del film: comincio ad abiturami alla voce di Lincoln. Pare che sia vicina alla realtà e lo stesso Daniel Day Lewis ha dovuto faticare per recitare in modo così sgradevole. La vicenda si fa molto interessante . Questo film parla di real politic o di politica “sporca”. Loncoln era un grande uomo ed un grande idealista, ma a in questo mondo bisogna saperci fare con gli uomini, con i loro vizi, i loro interessi e i loro pregiudizi. Bisogna abbassarsi al loro livello, addirittura ingannarli, per ottenere qualche cosa di veramente importante.

Alla fine del film.: esco più consapevole di qualcosa, ma non so di cosa. Esco dal cinema con un bagaglio storico molto più ricco. Sono oramai sicuro che la storia ufficiale ci abbia nascosto gran parte della verità. Ovunque ed in qualunque epoca. La storia ufficiale è frutto di quello che non si è mai vito, scritto e sentito. Piccola nota: la parte finale racconta dell'assassinio del presidente. Ho temuto che Spielberg ce lo facesse vedere penalizzando di molto il (mio) giudizio. A che serve fare vedere una cosa conosciuta, scontata ed ininfluente nell'equilibrio del racconto? In effetti il modo in cui il regista ci racconta l'episodio è  geniale.Una idea assolutamente sorprendente Ma(ovviamente) non ve la raccontiamo.
 
Giudizio complessivo. Tecnicamente un film superbo (ma questo è ovvio trattandosi della migliore troupe  del mondo). Non è certamente il miglior e film di Spielberg, ma quello che si scopre è molto, ma molto interessante. Credo che gli americani lo apprezzeranno molto più di noi trattandosi di nuove verità sulla loro storia (relativaente)  recente. Viene quasi quasi voglia di rivederlo per capire meglio tante sottigliezze che durante la  prima visione non possono essere colte.Consigliato

lunedì 21 gennaio 2013

La Migliore Offerta di Giuseppe Tornatore

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L’espandibilità dell’uomo moderno

Virgil Oldmann è un “umanopuzzle” omogeneo
Autentico modello di modernità, fobico, disgregato, mancante, alienato, afflitto da svariate paure e malattie conseguenti.
In lui, la fobia non cambia di segno per convertirsi in coscienza di una ricerca, dono e spinta ad aprire altre porte, tensione da cui discenderebbe apprensione ma anche fiducia.

Né coraggio né tolleranza né fede: solo, rifiuto delsi dipana nei secoli.diverso”
Per Virgil Oldmann nessuna ricerca o curiosità o piacere sta oltre l’orizzonte artistico: la vita sociale é un termine inarticolabile
L’ offerta del mondo conoscibile, messa a disposizione, perdura inaccettata.

L’ impossibilità di parametri condivisi, la forte esigenza di soggettivismo impera e, scena dopo scena, si rivela e si chiarisce dalla collezione di guanti sempre indossati, al servizio di piatti e bicchieri personali utilizzati al ristorante, dall’assenza di presenze umane nell’immensa casa museo, alla stanza segreta pinacoteca di ritratti femminili dei più prestigiosi pittori di ogni tempo.

Tantissime tele, tutte le donne amate dal protagonista
Se la relazione si sostiene sul sentire e sul sentimento, se l’altro é parte di un arco temporale che lo contiene e gli dà senso, il tempo dell’amore per Virgil si dipana nei secoli.
A volte, però, ciò che abbiamo dentro chiede e ha bisogno di diventare autentico: cogliere l’attimo, ma cogliere anche la storia di cui quell’attimo è un frammento.

Accade dunque che Virgil si innamori, di una donna che è il suo fronte/retro, l’immagine specchio, particolare e atavica ricerca identitaria.
Il recupero non poteva essere né rinviato o limitato: apparteniamo ad un mondo/modo più grande, apparteniamo all’altro, siamo l’altro
La riscoperta di un’identità unica e chiara deve ricomporsi con l’identità dell’altro: l’unica l’ultima chance di risveglio dal letargo in cui versiamo, per tornare alla vita reale.

All’iniziale perdita di orientamento, alla messa in crisi segue la coscienza dell’occasione di vita.
Il corto circuito emozionale, ancorché esistenziale, richiede memoria attinta al bagaglio artistico, e audacia
L’uomo è tale solo a partire da ciò che é.
Bellissima una delle ultime scene, in cui Virgil ruota su stesso, in forma di proposta rilettura del moderno Uomo Vitruviano

La nostra espandibilità é la ricostituzione di fili tessuti nel passato e che adesso chiedono di essere tessuti a mano



mercoledì 2 gennaio 2013

2002 la prima volta a Cuba (13-14)


Sabato 12 gennaio 2002 – tredicesimo giorno
  
   Vendono pure  le madri

Les Surfs a San Remo
   Si va al mare di nuovo. Questa volta però l’autista è un tipo più sveglio. Infatti ci lascia su una spiaggia meravigliosa e se ne va per i cazzi suoi. Evidentemente non ha secondi o terzi fini. Sulla spiaggia incontriamo un simil Taricone39. E’ preciso al divo del grande fratello. E anche la sua novia (fidanzata) è simpatica e molto carina.
     Ci facciamo delle foto poi ci scambiamo i soliti inutili recapiti. Pomeriggio, finalmente si dorme. La sera decido di portare in discoteca Odalya, la vicina di casa che spera di adescarmi, ma è purtroppo la donna più brutta di Cuba. Non ci sono dubbi. E parla sempre.
      Quindi verso le 10 di sera busso alla porta di casa di Odalya. Mi invitano a salire. E incontro un mondo nuovo.
Mi sembra di essere in casa  dei "les Surfs"….. quel gruppo di nani pigmei del Madagascar che cantò a San Remo con Rita Pavone “datemi un martello”. Le stanze sono semivuote e piene di pigmei che vanno di qua e di là.
       Odalya non si vede. Ad un certo punto scende da una scala ben vestita accompagnata dalla cugina. Che è un po’ più aggraziata di lei. Sono comunque due tappicelle e fanno tanta tenerezza. Si decide di andare al Tropicana. Ma non viene solo Odalya (per fortuna), no viene tutta la famiglia. In tutto siamo sei.
       Per strada fermano un casciabanco40 anni ’50- E’ un tacsi popolare che ci (anzi mi) costa appena 5 dollari

Giunti all’ingresso del Tropicana i miei accompagnatori cominciano ad agitarsi, a muoversi di qua e di là, a sparire e a riapparire in mezzo alla folla che attende davanti l’entrata.
 Alla fine capisco cosa succede. Sono amici dei buttafuori e ci fanno entrare gratis da una porta secondaria.
Il Tropicana è la discoteca più grande che abbia mai visto in vita mia. E’ circolare con al centro una pista immensa piena di scalmanati. Attorno alla pista tantissimi tavoli con altri scalmanati che ballano, devono, parlano, urlano. Molte le coppie miste.
      Ad un tratto si abbassano le luci e comincia un esotico carosello di fari colorati; la pista si abbassa, tutti fuggono via ed in mezzo al caos spunta una enorme orchestra variopinta che (ahimè) inizia  a suonare la cacata di minchia di musica cubana. Io sto ancora un po’ con i miei amici nani e poi me ne vado.
       Fuggo alla chetichella senza dire niente a nessuno. Prendo il tacsi e mi faccio lasciare nel posto a me più familiare dell’Avana : el Parque Central.
        Subito mi ferma un giovanotto che mi parla e poi mi conduce in un locale malfamato dove, dice , veniva Hemingway.
          Io , per nulla impressionato dalla notizia, gli dico che questo cazzo di Hemingway, visto che ha vissuto per anni a l’Havana, sarà stato praticamente ovunque e perciò non ne posso più di posti dove è stato Hemingway.!
          Ad un certo punto tra noi due si infila una giovane jineteras (pullazza)41 che mi fa varie offerte oscene. Io lerespingo tutte con decisione.
           Così lei mi offre pure sua madre dicendo che è bravissima a fare p..ni. Io la guardo , le regalo 5 dollari e me ne vado. Poi penso …. Chissà come è sua madre!?
         Dopo un giro al “mio” bar me ne vado in albergo. Si, questa sera ho deciso di dormire nell’albergo più affascinante di Avana vecchia: l’hotel Floridia. Stile coloniale con giardino interno.


  Domenica 13  gennaio 2002 - quattordicesimo giorno

  E’ finita bene

   Oggi si riparte. Prendo un tacsi e vado a posteggiare all’Hotel Miramare. L’aereo parte alle 11 di sera ed io sto morendo dal sonno. Prendo una camera e dormo. Verso le 8 vado all’aeroporto Josè Marti. C’è anche Nadia. Siamo i primi.
Per uscire da Cuba si pagano 20 dollari.

fine del viagio



martedì 1 gennaio 2013

il respiro di internet


E quando poi ti accorgi
Che le note dei versi
E le parole della musica
Si confondono...
Con la rarefazione di un respiro
Quello è il momento di . internet...!

di ninni picone