venerdì 24 luglio 2015

Lo Ish

Una rilettura di “Moby Dick”, Herman Melville


Lo Ish è ebraico Ish,  uomo /  Lo, negazione,
La traduzione qui proposta è: inumano

Moby Dick. Personaggi
Il Comandante. Achab
"Se questo mondo fosse un piano infinito e navigando a oriente noi potessimo sempre raggiungere nuove distanze e scoprire cose più dolci e nuove di tutte, allora il viaggio conterrebbe una promessa.
Ma, nell'inseguire quei lontani misteri di cui sogniamo, o nella caccia tormentosa di quel fantasma demoniaco che prima o poi nuota dinanzi a tutti i cuori umani, nella caccia di tali cose intorno a questo globo, esse o ci conducono in vuoti labirinti o ci lasciano sommersi a metà strada.
Possiamo dubitare della conoscenza del mondo esterno, mentre non possiamo dubitare della conoscenza di sé"

Achab naviga curvo, quasi proteso verso le profondità marine, alla ricerca del Mostro Bianco –perché poi bianco, che è il colore della purezza??
Il fantasma demoniaco nuota dinanzi a noi, conducendo i cuori umani a vuoti labirinti, sommergendoli
E dunque la balena altro non è che un pretesto per cercare e combattere la parte oscura di sé?
E ucciderla, se ne saremo capaci?
O non sarebbe meglio, imparare a conoscerla e a saperla gestire?
O piuttosto Achab cerca riparo nel Mostro, o ritorno alla materia che di ogni cosa è principio e fine?

Procede a zig zag, il comandante di Pequod – la nave cannibale che si nutre delle carcasse dei suoi nemici- orientando direzione e rotta di continuo, come chi non sa dove andare, se è giusto andare là, o da un'altra parte, se c’è una ragione, e una giustezza, per procedere verso quella, e nessun'altra, direzione. Il passo incerto di chi arde dalla sete, alla ricerca dell'infelicità, alla fiumara, o al pozzo secco, alla sorgente prosciugata, anelante alla salvezza, oppure al suo contrario, alla pace della consapevole e disincantata certezza che non vi è salvezza.
Mai più. Per nessuno
Resta, dunque, la ignorante miope stupida illusione di chi ancora crede, cieco e muto e sordo
E si dibatte, e combatte, per un incubo vano, che forse non esiste.
E’ dunque impossibile incontrare il lato oscuro di sé, e una volta trovato, dominarlo?
Cercare compattezza, un nuovo stato di coscienza dell’Io, armonia ed equilibrio: non questo il destino di Achab e Ismaele e Pequod

"Ha l'uomo quattro cose | che non servono nel mare: | ancora, timone e remi, | e paura di naufragare….
Vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione"

La paura di naufragare, perdere la ragione, luci che non più emergono dalle tenebre dell’inconscio: la ragione, un’isola piccolissima nell’oceano dell’irrazionale.
Immaginiamo il suo mantello: una cotta di lana spessa, scolorita dai lunghi giorni di sole e di vento, dall'umidità delle notti sulle acque, la trama pesante conserva il ricordo, l’odore e il segno annoso di stagioni e incontri e distacchi, di faticoso risalire le onde quanto di rovinoso discenderne.
Tagli difformi e irregolari nel tessuto, quasi brandelli di pelle sopravvissuti alla lebbra del dolore di vivere, e ancora miracolosamente attaccati, a proteggere la carne sottostante.
Lo sguardo del comandante Achab non abbandona mai l’Orizzonte
Non si accorge delle stelle, non sa della Luna
Eppure è notte


Il Secondo a bordo. Ismaele
"Call me Ishmael
Dalla Bibbia, il figlio di Abramo e della schiava Agar.
Il fratricidio, già accaduto nella storia biblica con Caino e Abele, non si ripete una seconda volta: viene impedito dalla coscienza di Ismaele.
Per non uccidere il fratello Isacco, erede legittimo di Abramo, Ismaele fuggiasco sceglie di addentrarsi nel deserto, dove si perde condannando se stesso a vagabondare per la vita intera.
E dunque:
"Chiamatemi Ismaele" : "Chiamatemi esule, vagabondo"
Nel vuoto di sabbia, nel luogo oscuro, il cuore si scotta, si ustiona, l’anima è in fiamme : non vi sono perché, la frenesia non conosce né la propria origine né la propria direzione.
L’Ignoto vince ogni diffidenza
Abbandonato nell'oceano, Ismaele é ripescato solo molte ore dopo, completamente impazzito.
Una strana profezia predice la fine sua e di Achab"

A te lettore che, forse, attendi un giudizio:
Comincio a credere, che l'artista deve amare la vita e odiare l'arte; il contrario di ciò che ho pensato finora”